L’interno della Chiesa

L’architettura dell’interno della chiesa

La chiesa è internamente suddivisa in una navata centrale e due navate laterali minori, sulle quali si affacciano quattro cap­pelle per parte. Le ornamentazio­ni architettoniche dell’interno, realizzate nel XIX sec. in stile tardo-barocco, con il transetto ed il coro finti, i pilastri ionici addossati alle pareti della volta a crociera sovrastante l’altare e deli­mitanti la navata centrale, termi­nano in una trabeazione fastosa e pretenziosa, su cui è impostata la volta a botte. Essa è incisa sui due lati con spigoli cuneiformi, all’in­terno dei quali trovano posto le finestre che illuminano la navata centrale. Al centro della volta a crociera sovrastante l’altare si apre una grande finestra finta a forma ovale, illuminata artificial­mente e riccamente decorata, nella quale è raffigurato lo Spiri­to Santo.

Le cappelle laterali, con le caratteristiche dimensionali che oggi vediamo, furono realizzate dall’arciprete Don Domenico Landi, nella prima metà del XIX sec, il quale modificò le prece­denti, dovute all’arciprete Don Gian Giacomo Ferri e costruite a partire dal 1619, in modo da fare posto alle attuali navate laterali della chiesa.

La pavimentazione antistante l’altare maggiore è in veneziana e mosaico di marmo, disposta a formare campiture ornamenta­li di diverso colore e risale al 1899.

Le decorazioni dell’interno della chiesa

L’attuale aspetto interno della Chiesa è in larga misura il risultato sia degli interventi di primo Ottocento che di quelli risalenti al quarto decennio del Novecento. Ai primi fa riferi­mento l’arretramento delle cap­pelle con la creazione delle due navate laterali, che comportò la distruzione delle decorazioni ori­ginarie e la realizzazione degli stucchi agli altari di Santa Lucia, del Sacro Cuore (sulla destra) e di Santa Clelia Barbieri (già della Madonna dell’Edera, sulla sini­stra), in stile barocchetto, opera del Tomasini. Ai lavori promossi nella prima metà del XX secolo da Don Samoggia che trasforma l’antica abside rettangolare con una a pianta semicircolare la cui volta fu decorata dall’autore delle altre tempere, il Pagliarini, segue l’orna­mentazione a tempera dell’intera navata e del presbiterio, termina­te tra il 1934 e il 1935 come si legge nei pilastri attorno all’alta­re maggiore, ove è visibile lo stemma araldico di Don Cavalli: un cavallino e la data 1935.

Le 14 stazioni della Via Crucis sono stampe oleografiche ottocentesche, procedimento tecnico molto diffuso in quel secolo che permetteva di imitare la pittura ad olio a costi molto bassi su carta simile alla tela (come in questo caso) o sulla tela stessa.

In corrispondenza ad alcune stazioni della via crucis, si trovano delle piccole croci cir­colari in marmo rosso murate nelle pareti della chiesa, che fanno parte del complesso di 12 croci collocate in occasione della consacrazione della chiesa indicanti il numero dei 12 apostoli posti da Gesù a fondamento della chiesa.

Dati d’archivio rivelano che molte delle cappelle recavano affreschi commissionati a Leo­nardo Comelli “pittore da Budrio” intorno agli anni venti del Seicento. Inoltre, destinato all’altare maggiore, è nel 1698 documentato l’acquisto di un nuovo tabernacolo “fornito di tutto con la sua chiave d’argen­to” proveniente dalla chiesa bolognese di San Giorgio, che all’evidenza stilistica non è possi­bile identificare con quello attualmente esistente.

Prima cappella di destra: è dedicata al sacramento del Battesimo.

Sono uniti due fonti Battesimali.

Parte inferiore: troviamo l’antico fonte battesimale, portato in chiesa dall’oratorio di santa Giuliana con la croce carolingia negli anni cinquanta in seguito alla demolizione dell’oratorio danneggiato dalla guerra.

Impiegato fin dalle origini per il relativo rito religioso, poi usato per altri motivi, è stato conservato per anni nell’oratorio di santa Giuliana che era situato vicino alla chiesa della Pieve.

Gli angoli smussati e le sobrie, essenziali forme geometriche indicano che tale fonte venne ricavato scavando un largo foro entro un capitello risalente all’epoca tardo-romana, in marmo rosso, di cui si ignora però la provenienza.

Da rilevare le strette affinità formali e stilistiche che legano tale fonte battesimale a quello, coevo, conservato presso la Pieve di Sala Bolognese.

Parte superiore: troviamo il più recente fonte battesimale, elegante bacile in marmo rosso che veniva retto da un fusto in granito quasi a formare una pisside. Vi si teneva l’acqua santa, la cui conservazione avveniva per mezzo del sale e del crisma, l’olio santo. Tale pregevole manufatto risale al periodo barocco, e verosimilmente tra l’ultimo quarto del Seicento e i primi anni del secolo successivo.

Nella parete sinistra della cappella troviamo la lapide del 1406 che testimonia l’autorizzazione a celebrare il Battesimo nella Chiesa parrocchiale di S. Lorenzo di Budrio. Dato innovativo perché fino a questa data il Battesimo veniva celebrato solo alla Pieve che era la chiesa madre.

Di seguito riportiamo il testo latino e la sua traduzione.

Concessione del fonte battesimale

BUTRIENSIBUS CONCESSUS FONS BATISMALIS

ANNO MCDIV(sic)DIE VIUNII

Trascrizione (desunta dal Golinelli):

An.D.MCCCCVI die V Junii D. Rogerius quon. eximii Leg. Doct. D. Joan. De Lapis de Bononia Archipr. Plebis SS. Ger-vasii et Protasii de Butrio et cano­nici ejusdem concesserunt homini-bus dicti Castri, quod possint eri­gere fontem Baptisimalem in Ecclesia S. Laurentii sita in dicto Castro Butrii et quod clerici secu-lares vel religiosi dictae Ecclesiae S. Laurentii de caetero valeant baptizare infantes nascituros in dicto castro et eius comitatu excep-tis infrascriptis diebus in perpe-tuum videlicet Resurrectionis, Penthecostes, SS. Gervasii et Pro­tasii et S. Mariae mensis Augustis et vigiliis dictorum festorum, nec debent dicti clerici aliquo unquam tempore benedicere per se vel alios aquam dicti Fontis intra Castro

Butrii, sed debent personaliter accedere ad dictam Plebem singulo anno in perpetuum in die Sabbati Sancti una cum Massario et ali-quibus hominibus dicti Castri et ibi benedicere cum aliis Clericis Plebanatus Fontem Plebis et de dieta aqua et non de alia portare ad dictam Ecclesiam S -.Laurentii et singulo anno dicto die offerre super altare Plebis cereum unius librae, debentque dicti homines solvere dictae Plebis decimas etpri-mitias prout ante tenebantur nec prò dictorum obtentu licet clericis dicti S -.Laurentii ipsas colligere sunt enim Plebi reservatae, nec in eis, nec etiam in aliis iuribus dic­tae Plebis per praedicta est in ali­quo derogantum. Quodlibet prae-dictorum debet servari sub poena quingentarum librarum Bonon. De hoc sunt rogati……..

Nell’anno 1406 il giorno 5 di giugno, Domino Ruggero, del fìi Domino Giovanni esimio dottore in legge, De Lapi di Bologna, Arciprete della Pieve dei Santi Gervasio e Protasio di Budrio e i suoi canonici conces­sero agli uomini di detto castello che possano erigere un fonte bat­tesimale nella chiesa di S. Loren­zo  posta  in  detto  castello  di Budrio e che i chierici, secolari o religiosi, di detta chiesa di S. Lorenzo d’ora innanzi abbiano il potere di battezzare i bambini che nasceranno in detto castello e nel suo contado per sempre eccetti gli infrascritti giorni cioè: Pasqua, Pentecoste, Ss. Gervasio e Protasio e Assunzione di Maria e le vigilie di dette feste, e non debbano detti chierici mai in alcun tempo benedire loro stessi o per mezzo di altri l’acqua di detto fonte dentro il castello di Budrio, ma debbano personal­mente andare a detta Pieve ogni anno per sempre il giorno del Sabato Santo insieme al massaro e qualche uomo di detto castello e lì benedire con gli altri chierici del Plebanato il fonte della Pieve e trasportare un po’ di quest’ac­qua e non di altra alla detta chie­sa di S. Lorenzo e ogni anno lo stesso giorno offrire all’altare della Pieve un cero di una libbra, e debbano detti uomini versare a detta Pieve le decime e le primi­zie secondo quanto prima erano tenuti (a fare) e non è consentito ai chierici di detto S. Lorenzo raccoglierle per il loro tornacon­to, sono infatti riservate alla Pieve, e non si deve in alcun modo venir meno a questi e ad altri privilegi di detta Pieve per quanto riguarda le suddette cose. Qualunque delle predette cose deve essere osservata sotto pena di cinquecento lire bolo­gnesi. Riguardo a ciò sono stati rogati… […]

Prima cappella di sinistra

Nella cappella a fronte del Battistero troviamo la Croce Carolingia. La sola croce sta a significare che Cristo è Risorto. Dal mistero pasquale deriva la nostra salvezza e quindi la fonte del battesimo per mezzo del quale diventiamo figli di Dio.

Seconda cappella di destra

La dedicazione di questa cap­pella a S. Lucia è rivelata dalla statua della santa, di epoca moderna, inserita entro una nic­chia.

L’altare marmoreo, al pari degli altri presenti nella Chiesa, fu realizzato durante la seconda metà del XIX secolo nell’ambito degli interventi promossi dall’ar­ciprete Don Domenico Landi, che modificò le cappelle seicentesche per creare le due attuali navate laterali, tutti e quattro gli altari sono stati rifatti nella seconda metà del XX sec.

Per questa cappel­la nel 1620 venne realizzato un “frontale”, sorta di pala con la Vergine tra le Sante Martiri Apollonia e Agata, oggi da considerar­si perduta al pari di due statue, forse in terracotta, ivi poste nel 1671 e raffiguranti i Ss. Girolamo e Giovanni Battista. Il dipin­to citato è molto probabile affiancasse la scultura della santa titolare.

Al suo posto viene tuttavia ricorda­ta una tela con il Transito di San Giuseppe, forse perduta. Nel pavi­mento marmoreo è riportata la data, metà del ‘900, a indicare il rifacimento marmoreo del pavimento e dei marmi degli altari.

A questo proposito va notato che, pur essendo patroni i Santi Gervasio e Protasio, la festa prin­cipale della nostra Pieve è sempre stata quella di Santa Lucia, in occasione della quale si teneva, fino agli anni ’30 del secolo scor­so, una vera e propria fiera i cui banchetti arrivavano fino a Budrio lungo l’attuale via Partengo, via che, per secoli fino al 1970, era chiamata “via della Pieve“.

La devozione a S. Lucia, significata da questa cappella come la solennizzazione della sua festa trova riscontro storico nel disegno del Danti 1578 dove al titolo dei santi Gervasio e Protasio viene associato il nome di S. Lucia.

 

Seconda cappella di sinistra

Dedicata alla Beata Vergine del Ss.mo Rosario, come indicano i 15 relativi Misteri posti attorno alla statua della Vergine col Bambino che, collocata in una nicchia, venne donata alla chiesa nel 1815 dalla signora Maria Baldi, vedova Cesari, nell’ambito del generale riassetto e ridecorazione delle cappelle promosso dall’allora arciprete Don Domenico Landi.

Terza cappella di destra e sinistra

Nella cappella di sinistra sono presenti due confessionali antichi in legno di noce riccamente, quanto elegantemen­te intagliati a indicare un gusto felsineo verso esiti di un rococò moderato, in quella di destra un confessionale moderno costituito da due ambienti chiusi volti a privilegiare l’accoglienza e facilitare la riservatezza e il dialogo.

Quarta cappella di destra

La statua del Sacro Cuore, al quale è dedicata la cappella, è realizzata in stucco policromo ed è di epoca moderna. Attorno ci sono nastri dipinti sia sul soffitto che nelle arcate di destra e di sinistra, recanti l’iscrizione: “Cor Jesu flagrans amore nostri/ Infiam­ma cor nostrum amore tui” (O cuore di Gesù, ardente d’amore per noi/ accendi il nostro cuore d’amore per te).

La scritta che compare a destra dell’altare indi­ca che a sostenere le spese della cappella fu Gaetano Cavrini, nel 1933.

Quarta cappella di sinistra

Dal 1789 la cappella è dedicata alla Madonna dell’Edera, ossia ad un’immagine miracolosa realiz­zata in terracotta raffigurante la Madonna col Bambino adorati dai Santi Giacomo e Vitale. Purtroppo non è più visibile in quanto ora al suo posto c’è l’immagine di S. Clelia Barbieri.

Tale immagine, acrilico su tavola, fu com­missionata all’artista contempo­raneo Dante Mazza (docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna), da Don Ago­stino Vignoli nel 1989, alla quale era molto devoto, per favorirne il culto a seguito della canonizzazione avvenuta nel medesimo anno.

Abside e Transetti

L’attuale aspetto dell’abside si deve alla volontà dell’arciprete Don Cesare Samoggia che tra il 1924 ed il 1929 ne trasformò la pianta da rettangolare a semicir­colare col fine di ampliare lo spa­zio per le funzioni religiose e, conseguentemente, collocarvi un coro ligneo a undici sedute, eseguito nel 1933 come indica la cifra su di esso, in numeri romani. La pavimentazione dell’abside e dei due transetti è stata totalmente rifatta con piastrelle di graniglia. Nel transetto di destra dietro l’attuale parete verticale possiamo vedere un pezzo del pavimento originale che ora fa parte di un corridoio creato per accedere alla nuova sagrestia in modo indipendente. Della seicentesca abside, voluta da Gian Giacomo Ferri, rimangono dunque solo le pareti tra le due lesene laterali, ornate dai due fastosi ovali in stucco probabilmente coevi alle tele che racchiudono, raffiguran­ti i Santi Valeria (a destra) e Vita­le (a sinistra) di Giuseppe Mar­chesi detto il Sansone.

Nei transetti di destra e sinistra troviamo rispettivamente due grandi lapidi in marmo che ricordano l’una l’arciprete di Pieve Pietro Respighi divenuto Cardinale, l’altra la consacrazione a Vescovo, avvenuta in parrocchia, del suo successore a Pieve, come parroco, don Raffaele Santi.