Foglietto settimanale dal 3 al 10 Marzo 2024 – III Domenica di Quaresima

Non ti capisco! Il conflitto che fa crescere

 

Dietro la rabbia c’è sempre un bisogno non visto, un bisogno importante, una domanda di cambiamento che non ha trovato una risposta adeguata. Se una relazione non fosse importante, probabilmente ci sarebbe l’indifferenza, la rabbia invece rivela che quella relazione è importante per noi e vorremmo che fosse diversa. Ovviamente ci riferiamo ad una rabbia costruttiva, quella che punta a una trasformazione positiva della relazione e non certamente a quella distruttiva che mira solo a fare del male e a eliminare l’altro.

Questo sguardo sulle dinamiche del cuore umano è importante per permetterci di comprendere il momento di rabbia di Gesù: il problema è il modo in cui è abitato, e usato il Tempio.

Gesù ci presenta sempre il Tempio come casa, come luogo della relazione, mentre ora è stato trasformato in un mercato: il luogo dove si esprime la bellezza dei sentimenti tra due persone è diventato luogo di contrattazione dove si compra e si vende l’amore.

Per Gesù il Tempio è l’immagine di questa relazione, nelle sue parole il Tempio diventa addirittura corpo: quel corpo che si lascia distruggere per amore. Gesù non trovando una risposta adeguata al suo bisogno di amore, esterna la sua rabbia affinché nell’uomo possa nascere una disponibilità al cambiamento.

Il testo di Giovanni focalizza bene questa dinamica: i Giudei non si sono accorti dei segni, cioè delle parole di Gesù. Primo fra tutti i segni sono le nozze di Cana, a cui seguono altri segni, (vedi prima parte del Vangelo di Giovanni), segni che hanno lo scopo di far comprendere qualcosa in più di Gesù, ma nonostante questi segni i Giudei non lo riconosceranno… è lo stesso che accade in una relazione, quando si parla, ma non ci si sente ascoltati.

Giovanni non presenta questi segni come eventi prodigiosi, ma come modi con cui Gesù ci parla di sé, ci vuole comunicare qualcosa. Ecco che possiamo accostare questo testo del Vangelo alle parole che Dio consegna al popolo di Israele nel libro dell’Esodo: in entrambe le situazioni si tratta di un momento di relazione, e di comunicazione. Non ci può essere relazione se non ci parliamo e non ci diciamo che cosa è importante per noi.

Determinante è allora l’appellativo che Dio attribuisce a sé stesso: sono un Dio geloso! Dio tiene talmente tanto a questa relazione con l’uomo che desidera sia esclusiva, ma sempre attraverso una dimensione positiva e di massima libertà.

Questo perché la rabbia, come la gelosia possono diventare distruttive, quando cioè il sentimento che le suscita non è l’amore, nemmeno l’apprezzamento dell’altra persona, ma bensì il possesso e il delirio di onnipotenza che mira purtroppo solo alla pretesa, al controllo sull’altra persona…

Dobbiamo però ricordarci che ogni relazione ha bisogno di tempo, anche quella con Dio: ecco che il sabato diventa l’immagine di questo tempo dedicato esclusivamente alla relazione. Se non c’è “il sabato” in una relazione, è difficile che questa possa crescere, maturare e progredire giorno dopo giorno.

Ma non solo: l’amore ha bisogno di concretezza! Nell’Esodo leggiamo che l’amore per Dio si concretizza attraverso la relazione con gli altri, infatti ogni relazione ha bisogno di trasformare le parole in azione: i fatti fanno vedere l’amore, le parole invece solo il profumo.

 

Chiediamoci allora: La mia relazione con il Signore è superficiale, intima, conflittuale? Da cosa posso capire il tipo di relazione che ho con il Signore?