Qual è il criterio dell’amore?

Quando sentiamo che la nostra vita sta volgendo al termine, siamo portati a consegnare alle persone che amiamo, i pensieri profondi del nostro cuore, ed è così anche per Gesù.

La relazione terrena con i suoi discepoli sta volgendo al termine, Giuda ha decisione di gettarsi nella notte, che prima di tutto è la notte del suo cuore: ma è proprio quella notte che permette alla luce di Cristo di splendere.

Gesù affida ai suoi discepoli un comandamento nuovo che riguarda l’amore, ed è proprio lì che si nasconde la sfida più insidiosa, mettere alla prova la nostra capacità di amare.

È un comandamento nuovo perché sposta il baricentro dalla legge (i gesti e le opere da compiere per essere salvati) alla scelta di amare nonostante tutto: amare anche quando l’altro ci ferisce, ci fa del male, ci mostra indifferenza.

Nuovo anche perché questa dinamica dell’amore viene da Dio: «Ecco, faccio nuove tutte le cose!» (Ap 21,5) e ogni relazione, ogni contesto, assume un valore diverso se Dio è presente.

«Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Senza questo come, è facile cadere nell’abisso del confronto, della competizione, del “io do se tu mi dai”.

Gesù pone il criterio dell’amore fuori dalla relazione: il criterio è il modo in cui Lui ci ha amato e ci ama, e non come ci ama l’altro! e Gesù ci ha amato fino in fondo!

Questo diventa il metro di misura che come cristiani ci contraddistingue da chi non lo è, diversamente continueremo a operare dentro le vecchie logiche della mondanità.

È dal modo in cui ci amiamo, che saremo riconosciuti come discepoli di Cristo.

Ed è nella prova che viene fuori il modo nuovo di amare «dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni» (At 14,22), come ci ha insegnato la Chiesa delle origini.

Chiediamoci allora: Qual è il mio modo di amare dentro le relazioni? Dal mio modo di amare posso essere riconosciuto come un discepolo di Cristo?